martedì 20 novembre 2007

GENOVA CITTA' DI PENSIONATI: MA QUALE PENSIONE PER I GIOVANI?

LE ASSOCIAZIONI "DECIDERE.NET" E WTP INVITANO ALL'INCONTRO
Sabato 24 Novembre 2007 - ore 9.45 presso il Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi al convegno "Genova città di pensionati. Ma quale pensione per i giovani?"
Parteciperanno: Daniele Capezzone - Giancarlo Pagliarini - Enrico Musso - Luca Beltrametti - Renata Oliveri -Ettore Rivabella - Elisabetta Fatuzzo - Paolo Rebuffo

mercoledì 24 ottobre 2007

Appello a tutti i movimenti anti CASTA: uniamo le forze!

L’On. Vincenzo Visco prima contribuisce in modo determinante e ostinato a rovinare le nostre aziende, a causare il declino economico del paese (con i suoi “studi di settore” e “Irap” costringe tanti imprenditori a pagare sino al 75% di tasse, con punte sino al 227%!) poi piange lacrime di coccodrillo. Nel corso del dibattito su “La cultura economica del partito democratico” insieme a Walter Veltroni e Pierluigi Bersani ha dichiarato: “L’Italia è chiaramente un Paese in declino, da dieci anni cresce meno della media europea. E’ oberato da debiti. Il Paese necessita di un messaggio di verità che sino a oggi le classi dirigenti, spaventate o inconsapevoli, non hanno saputo dare”.
In mezzo ad una marea di politici che sanno solo fare risse indecorose in quanto il loro unico scopo è quello di riuscire a mettere le mani sulla montagna di tasse che noi paghiamo, allo scopo di gestire la spesa pubblica nel modo clientelare che tutti noi sappiamo, dobbiamo riconoscere che almeno Visco non ha usato falsi giri di parole ma ha avuto il coraggio di ammettere che l’Italia è allo sbando. Gli indicatori più accreditati ormai sono concordi nell’attribuire al nostro paese il 41° posto nella gradutoria mondiale dei paesi più competitivi. Ricordiamoci che una volta eravamo nei primi cinque. Ci rendiamo conto che tutti ci passano avanti e presto saremo in compagnia dei paesi del terzo mondo? Come abbiamo fatto a finire così?
Non ditemi che tutte le colpe bisogna farle risalire alla partitocrazia dissennata che si è impadronita di tutto, mezzi di comunicazione, associazioni di categoria, sindacati dei lavoratori, sistema bancario, istruzione, ecc. ecc. E’ vero, tutto è asservito alle segreterie dei partiti politici. Persino le elezioni ormai sono una farsa. Gli elettori cosa decidono?
Prodi o Berlusconi. Bella lotta stabilire quale dei due è il peggiore! Tutti e due sono campioni dei partiti della spesa, altro che buon governo!
E noi? Proviamo a fare un po’ di autocritica, o no?
Se i disonesti si sono impadroniti di tutti i poteri noi dove eravamo? A discutere tra Prodi e Berlusconi! A fare solo critiche che non portano da alcuna parte!
Io mi auguro che la parte più sana del paese, quella più laboriosa, quella degli imprenditori che nonostante tutto riescono ancora a portare avanti le loro attività, quella dei lavoratori dipendenti che continuano a fare il loro dovere nonostante le tante fatiche per arrivare alla fine del mese, che questa Italia la smetta di perdersi in critiche sterili e incominci seriamente a pensare in modo più costruttivo.
Noi dobbiamo creare un grande movimento che sia a favore del liberismo e si schieri apertamente contro lo statalismo, contro il partito trasversale della spesa pubblica.
Sappiamo che il movimento decidere.net dice le stesse cose che diciamo noi Solo che loro lo dicono meglio di noi, con termini più appropriati. Per uscire da questa situazione disastrosa hanno avanzato proposte complete e articolate, meglio delle nostre. Continuiamo a discutere sul fatto che Capezzone ha un passato di radicale o vogliamo parlare di cose concrete da fare?
Io mi auguro che i vari movimenti spontanei trovino il coraggio di accantonare tante piccole gelosie e che il buon senso ci faccia convergere tutti in un grande, grandissimo movimento che sappia dare una speranza alla parte onesta del paese e che costringa i parassiti ad andare a lavorare se non vogliono morire di fame.
Se tutti i movimenti non si uniscono, dobbiamo rassegnarci a tenerci Visco, Mastella e tutti gli altri. Un magistrato di Catanzaro scopre che Mastella è implicato nel malaffare? Nessuna paura per la Casta: viene trasferito il magistrato! Andiamo avanti così?
Troviamoci con Pagliarini e Capezzone domenica 28 alle ore 17.00 presso lo Starhotels Cristallo Palace Via Betty Ambiveri n. 35 a 100 metri dall’uscita dell’autostrada a Bergamo e vediamo come bloccare il declino economico e morale del Paese.


Giovanni Morstabilini
Bergamo, 21 ottobre 2007
Comitato “Meno sprechi, Meno Tasse”
Via San Francesco d’Assisi, 1 24121 Bergamo
Tel. 035 271105 Fax 035 4178997
www.bastasprechi.org

martedì 16 ottobre 2007

La risposta di Giancarlo Pagliarini a Obiettivo Nord Ovest

Bravi! Qui di seguito trovate come ho sviluppato il tema del federalismo alle due manifestazioni di DECIDERE.NET a Roma il 22 Settembre al Panteon e a Milano 29 Settembre al teatro Angelicum. Poi ne abbiamo parlato l'11 Ottobre a unconvegno sul decreto del 3 Agosto sul cd "federalismo fiscale" all'Università statale di Milano.
Se siete d'accordo su queste idee aiutatemi a farle girare. Se c'è qualcosa che non vi convince ditemelo.


Primo: identificare i compiti dello Stato, che sono di due tipi: compiti legislativi e compiti operativi

Secondo: i compliti legislativi sono "esclusivi" (pochi) e "concorrenti", assieme alle Regioni. Pochi anche questi.

Terzo: tutte le altre leggi sono responsabilità delle singole Regioni. Anche in concorrenza tra di loro. Non è "caos", è gara a chi amministra meglio, a dove la qualità della vita è migliore, a dove si attirano più investimenti e a dove c'è più sicurezza e meno ladri a piede libero.

Quarto: i compiti operativi dello Stato centrale sono pochissimi. Includono la gestione del debito pubblico della Repubblica, ma non la gestione del welfare (LSU, pensioni di invalidità, ecc.)

Quinto: i compiti dello Stato sono valutati a costi standard

Sesto: i compiti dello Stato sono finanziati con una delle due tasse nazionali. La "tassa per pagare i servizi dello Stato"

Settimo: la seconda tassa nazionale è la "tassa per la solidarietà e perequazione". La pagano tutti, il gettito va in un "piatto comune". Si calcola il PIL medio pro-capite nazionale. Le regioni che lo superano non ricevono niente. Quelle dove si genera un PIL pro capite inferiore alla media nazionale incassano quote della "tassa per la solidarietà e perequazione", a condizione che non vi sia significativa evasione fiscale e contributiva

Ottavo: il calcolo non viene effettuato sui valori nominali, ma sulla base del "potere d'acquisto".

Nono: tutto il resto, tutte le altre tasse, sono gestite dalle Regioni. Principio della concorrenza fiscale tra le Regioni. Come in Svizzera. Esempio del cantone di Obvaldo: hanno deciso di passare a breve alla flat tax.

Decimo: nelle Regioni dove si decide di dare tanti servizi ai residenti ( cittadini, imprese, associazioni ecc) la pressione fiscale sarà superiore della pressione nelle Regioni dove gli amministratori decidono di dare meno servizi.

Non vi sembra logico? Ciao. Paglia

giovedì 11 ottobre 2007

"Obiettivo Nord Ovest" disponibile a dialogare e collaborare con "Decidere.net"

Il Movimento “Obiettivo Nord Ovest” guarda sempre con interesse tutto ciò che si muove in direzione di un cambiamento del Paese in senso federalista. Per questo “Obiettivo Nord Ovest” é disponibile a reciproche collaborazioni con il network “Decidere.net” su un progetto di riforme ed in particolare sul federalismo fiscale competitivo.
Ci permettiamo un suggerimento: includere nel programma il federalismo politico, considerando che, senza di esso, non può esistere il federalismo fiscale.
Carlo Stagnaro, in una sua rubrica, definiva il federalismo come un patto tra entità istituzionali diverse e reciprocamente indipendenti, che mettono in comune alcune competenze.
Tale patto, dunque, lascia ad ogni contraente totale autonomia tanto sotto il profilo politico quanto sotto quello fiscale, fatte salve, appunto, le mansioni delegate al centro. Risulta assai difficile anche soltanto immaginare un patto che coinvolga la sola sfera politica, piuttosto che la sola sfera economica.
L’espressione “federalismo fiscale” assume spesso significati diversi, come la semplice gestione dei tributi a livello locale, che, di fatto, non porterebbe alcun vantaggio sostanziale per il cittadino. Occorre quindi specificare che comuni, province e regioni devono poter decidere quali e quanti tributi imporre e come spenderli, trattenendone la quasi totalità, fatta salva una percentuale, preventivamente stabilita, da destinarsi ad un fondo di perequazione per le regioni più svantaggiate.
Ma il federalismo non è solo questo: federalismo è anche il riconoscimento e la tutela delle identità e specificità locali, federalismo è soprattutto sovranità popolare.
Noi di “Obiettivo Nord Ovest” siamo convinti di poter offrire un prezioso contributo su questa tema e, collaborando con persone altamente qualificate e conoscitrici della materia, presenti tra i firmatari di “Decidere.net”, possiamo convertire un “astratto” punto programmatico in proposte serie, concrete ed efficaci.

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mercoledì 10 ottobre 2007

Giancarlo Pagliarini, strenuo combattente nelle battaglie per riformare lo Stato in senso liberale


Intervista a Giancarlo Pagliarini
By Andrea Ferrari,
mercoledì 19 settembre 2007

Nel Paese dei voltagabbana, dei liberali fuori tempo massimo e degli ex, c’è un politico che sostiene ancora le idee per cui s’è sempre battuto, senza il rischio d’apparire ridicolo e poco credibile.
Quest’uomo è Giancarlo Pagliarini, forza motrice della Lega nord degli albori, liberale e federalista convinto, grande rompiscatole in parlamento e strenuo combattente nelle battaglie per riformare lo Stato in senso liberale, tanto da partecipare entusiasticamente ad un incontro di Decidere.net a Milano riguardo la riforma pensionistica del governo Prodi.
Il solito compromesso all’italiana che non va a toccare il sistema da lui definito del “cero alla madonna”, scaloni e scalini che fan accaponare la pelle a chi, come lui, propone da sempre una riforma pensionistica basata sul sistema a capitalizzazione.Un Pagliarini galvanizzato dalla recentissima visita in Catalogna di cui è grande ammiratore e che non manca di citare appena gli chiedo un parere sulla proposta dello sciopero fiscale lanciata da Bossi.
“Jordi Puyol proprio alcuni giorni fa ha proposto uno sciopero fiscale, ma non perchè non gli va bene Zapatero, ma perchè lo Stato non rispetta gli impegni con la Catalogna sanciti dal nuovo statuto. In Italia, invece, mi sembrano giochi di potere. Bossi ha detto che è un’iniziativa per far cadere Prodi, ma è un approccio che non mi convince. Voglio dire: anche se Prodi se ne andasse, questo sistema fiscale continuerebbe a non andarmi bene. Se fosse uno sciopero per un vero federalismo sarei daccordo, ma se è solo un mezzo per sostituire uno con un altro, allora no.”
Perchè non fa più parte della Lega Nord?
“Il punto di rottura è stato all’ultimo congresso quando si discusse del programma della casa delle libertà che non parlava di federalismo fiscale e in cui si proponeva di vendere i beni alienabili dei comuni per ridurre il debito pubblico.In chiusura del congresso Leoni disse: “nel varesotto c’è un problema molto serio: in alcune chiese la messa viene detta col rito romano, mentre in altre col rito ambrosiano”. In quel momento mi chiesi davvero che ci stavo a fare lì dentro...”
E come spiega la deriva clerico-tradizionalista di questi ultimi anni?
“Faccio fatica a capirlo, ma ho l’impressione che ultimamente Bossi non abbia molto in mano le redini del movimento, anche a causa delle sue condizioni di salute. Su un quotidiano catalano c’era la notizia che a Bruxelles tre parlamentari di estrema destra erano stati arrestati, tra di essic’era Borghezio. La cosa mi ha fatto molto riflettere perchè la Lega che ho conosciutoio non sarebbe stata confusa per un movimento di estrema destra. Purtroppo il potere ha fatto perdere di vista la vera ragione per cui nacque: il federalismo.”
Ultimamente si parla molto del problema sicurezza e della cronica inefficienza della giustizia italiana. quali proposte ha per affrontare il problema?
"Bisognerebbe dare più poteri e responsabilità alle polizia locali, in Catalogna han fatto così e mi sembra stian ottenendo ottimi risultati. La giustizia in Italia è molto politicizzata e anche in questo ambito regionalizzerei, in modo da creare un circolo virtuoso che porti a copiare le regioni coi modelli migliori.”
Cosa ne pensa del decreto Bersani sulle liberalizzazioni?
“Sono sicuramente meglio di quelle che non ha fatto Berlusconi, a Bersani bisogna dar atto che almeno ci ha provato. D’altronde, In Italia nessuno vuole liberalizzare perchè i politici sono alla costante caccia di voti e han paura di scontentare alcuni elettori toccandone gli interessi.”
Domanda inevitabile di questi tempi: un parere su Grillo e le accuse di populismo che gli vengono mosse.
“Ha lanciato alcune proposte che non stan nè in cielo nè in terra, tuttavia in un Paese addormentato come questo se c’è uno che pone delle questioni e smuove un pò le acque, ben venga.E poi essere statalisti e politicanti è peggio che essere populisti.”

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Il federalismo e la diversità

E’ il 1992, esattamente 15 anni fa; sul numero 2 di Micromega Gianfranco Miglio, nel corso di una conversazione-articolo con Sergio Scalpelli (disponibile anche su Quaderni Padani n. 64-65, di marzo-giugno 2006) riflette su socialismo e federalismo. Ragionando sulla fine del comunismo sovietico, individua i due capisaldi che hanno portato al fallimento del modello di società ovvero la certezza di un reddito e di un lavoro per tutti e l’eguaglianza tendenziale dei redditi. Due concetti che rappresentano il leit motiv della sinistra di casa nostra che, periodicamente, torna a paventare lo spettro del comunismo collettivista, in apparenza ignara della storia, incapace di capire che il reddito comunque garantito inibisce la spinta a lavorare e produrre così come impedisce agli individui, in particolare quelli dei ceti medio – bassi, come ricorda Miglio, di migliorare il proprio livello di vita, congelando la spinta al guadagno.

Miglio, con lucidità, dichiara che “senza una dose robusta di egoismo, senza la voglia di essere invidiati dal prossimo, non può esservi progresso né sviluppo, ma solo stagnazione economica.” La forma organizzativa che più di altre è in grado di valorizzare l’individuo diventa quella fondata sul pluralismo che culmina nel federalismo; scriveva Miglio “La politica del secolo XXI sarà appannaggio di chi saprà liberarsi dei vecchi miti, affermando una scelta pluralista e federalista, contro l’immobilismo generato dall’idea della prevalenza dell’unità sulla diversità.” La chiave di volta del pensiero federalista è proprio la diversità (o specificità), traduzione socio-politica dei diritti individuali di tipo etnico-culturale che Miglio tradusse con il diritto di “stare con chi si vuole” (e con chi ci vuole), sviluppando così le proprie peculiarità in libere convivenze normate da contratti, superando il concetto di impegno atemporale.

Applichiamo queste riflessioni al sistema fiscale e scopriamo che non c’è federalismo autentico senza federalismo fiscale. Ecco perché parlare di federalismo fiscale a casa nostra, con una carta costituzionale che non è federalista, con un paese che è tuttora fortemente centralista, è quanto meno improprio. Andiamo allora alla fonte del federalismo europeo. Su il Foglio Federale dello scorso 24 luglio, la Confederazione Elvetica ha pubblicato il Rapporto del Consiglio federale sulle ripercussioni dei diversi strumenti della politica europea sul federalismo svizzero (www.admin.ch). Senza entrare nei tecnicismi del documento, nell’Introduzione un paragrafo è riservato proprio alla natura del federalismo svizzero; in esso si descrivono gli elementi centrali di questo sistema che Miglio considerava l’unica forma davvero compiuta di federalismo. Autonomia cantonale (cioè sovranità condivisa) e ampi poteri di partecipazione dei Cantoni alla “determinazione della volontà e all’emanazione di norme di legge della Confederazione” sono il cuore del sistema svizzero.

L’autonomia cantonale, in particolare, si concretizza nella sovranità cantonale, nell’esistenza di una propria Costituzione, di organi eletti autonomamente e soprattutto nella disponibilità di risorse finanziarie proprie, la “famosa” competenza fiscale che fa del federalismo fiscale la discriminante cruciale per riconoscere il federalismo. Nel pur acceso dibattito che da tempo anima la comunità politica elvetica a proposito di un possibile ingresso nella Ue c’è un punto fermo che sembra non poter essere messo in discussione; si tratta dell’autorità dei Cantoni in materia fiscale, un principio sacrosanto e fondamentale che affonda le origini nell’essenza stessa del concetto di federalismo. Nel Rapporto che vi ho citato, al paragrafo 6.4.1, si legge “A differenza di altri stati federali (per esempio la Germania), le imposte costituiscono un elemento importante della competitività dei Cantoni come piazza economica. La concorrenza fiscale è una delle cause dell’onere fiscale relativamente basso vigente in Svizzera. Essa consta di tre elementi portanti: l’autonomia cantonale delle entrate data dalla facoltà di fissare le leggi fiscali, l’autonomia cantonale delle spese data dalla determinazione del preventivo e la perequazione finanziaria compiuta a livello federale, con cui si compensano in parte le disparità cantonali.”

Nei Cantoni svizzeri, dunque, popolo, parlamento e governo deliberano in autonomia sull’imposizione fiscale e sulle spese per la collettività. Il federalismo fiscale, si legge nel Rapporto, è un elemento importante del federalismo elvetico e svolge in esso un ruolo cruciale per garantirne la vitalità. Una convinzione che ha permesso al Consiglio Federale di rispondere con fermezza alla Commissione Europea che in febbraio ha definito ufficialmente illegali i privilegi fiscali concessi alle imprese nei Cantoni, ricordando all’Ue che l’autonomia fiscale è sancita nella Costituzione e che la concorrenza fiscale in atto nella Confederazione ha dimostrato, finora, di funzionare egregiamente. D’altro canto non è certo un caso se nella classifica per Pil pro capite pubblicata su Il Sole 24 Ore dello scorso 20 agosto la Svizzera si piazza saldamente al comando con 49.995 dollari; la classifica, però, ci dice qualcosa di più, ci suggerisce una strada per cambiare; nei primi dieci paesi al mondo, infatti, ben quattro godono di assetto federale; alle spalle della Svizzera ci sono infatti gli Stati Uniti, quarti, il Canada, nono e la Germania decima. (solo per la cronaca, noi siamo 19esimi con 26.095 dollari).

Chiara Battistoni

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